venerdì 10 ottobre 2008

«ADUNATA 2010? SIAMO PRONTI»

Gli alpini sono sempre il corpo più amato. Come spiega questo affetto? «Basta guardare alla provincia di Bergamo, che conta ben 261 gruppi. Ciò significa uno per ogni paese, ovvero una notevole forza lavoro sempre orientata alle necessità della collettività. Questa è la risposta: la gente riconosce agli alpini, in tutta la loro lunga storia, una grande disponibilità ad aiutare gli altri a prescindere dal servizio militare».E l'Ana, del resto, è strenuamente impegnata nei compiti di Protezione Civile. Il suo curriculum ne è la più chiara conferma.«Effettivamente sono stato per 20 anni responsabile della Protezione Civile degli alpini e in questo lasso di tempo abbiamo fatto numerosi interventi in occasione delle tante catastrofi che purtroppo hanno colpito il territorio nazionale. Ma abbiamo operato anche all'estero: Armenia, Francia, guerra in Kosovo. Tutte le volte che c'era bisogno di andare ad aiutare delle popolazioni in difficoltà non ci siamo mai tirati indietro, anche in virtù di una grande professionalità: è un campo in cui non si può inventare nulla, bisogna essere adeguatamente attrezzati e avere un metodo di lavoro rigorosamente pragmatico. Per agire tempestivamente in scenari di tragedia». Alla Protezione Civile l'Ana bergamasca affianca tra l'altro una più vasta attività di cooperazione internazionale.«Sì, anche perché ci sono parecchi alpini che vanno spontaneamente a dare una mano all'estero. Nemmeno noi sappiano esattamente quanti siano. Ad esempio sono anni che gli alpini di Villongo vanno nelle favelas del Brasile a costruire case e centri di accoglienza. Stessa cosa per quelli della Val Brembana in Messico. E come non citare Franco Pini, che andando a prestare la propria opera per decenni in Kenya ha costruito, con la gente del posto, una piccola città. Simile è la storia di Rino Berlendis, alpino di Zogno che ha collezionato una settantina di lunghi soggiorni in Rwanda durante i quali si è dato da fare insieme alle popolazioni autoctone per migliorarne le condizioni di vita». Poderoso anche l'impegno diretto sul territorio bergamasco.«Calcoli che solo l'anno scorso gli alpini hanno dato in opere di solidarietà qui in provincia 260 mila ore, oltre a un milione e 200 mila euro direttamente in aiuti economici. Un grande impegno in termini numerici concreti per la comunità di appartenenza».Passiamo a un appuntamento che scalda i cuori di Penne Nere e non: l'adunata nazionale. Sono due le candidate per il 2010: Bergamo e Pordenone. «Il 18 ottobre c'è un Consiglio direttivo nazionale a Milano. Io sarò chiamato ad esporre le motivazioni della sezione di Bergamo e lo stesso farà il presidente della sezione di Pordenone. Poi il Consiglio deciderà. Ovviamente auspichiamo che la scelta cada su Bergamo».Bergamo ha ospitato l'adunata nel 1962 e nel 1986. Per rispettare la cadenza 24ennale il 2010 sarebbe perfetto.«Effettivamente si verrebbe a creare una curiosa regolarità. Noi, dal punto di vista logistico-organizzativo, siamo pronti ad affrontare la manifestazione: abbiamo l'appoggio di una trentina di Amministrazioni disposte ad ospitare gli alpini, del Comune di Bergamo, della Provincia, del prefetto, del questore, dell'Unione Industriali, della Camera di Commercio e della Regione Lombardia. Insomma, se scatterà l'adunata nazionale a Bergamo sapremo perfettamente come muoverci». Una coesione difficilmente eguagliabile, dunque. Bergamo parte avvantaggiata?«Calcoli che dietro la scelta della sede dell'adunata ci sono anche ragioni associative ben precise. La decisione di andare a Cuneo invece che a Bergamo, ad esempio, è stata dettata dalla volontà di restituire compattezza all'importante sezione piemontese, che stava vivendo un periodo difficile». Un commento sul servizio militare. L'abolizione della leva vi ha visto fortemente contrari.«Sì, perché vediamo nella leva un momento positivo nella vita di un giovane. Certo, ci sono anche momenti antipatici durante il servizio militare; però vivere in comunità con altre persone senza l'ausilio della famiglia, nonché soffrire e faticare insieme, dona uno spirito tutto particolare. E insegna ai giovani che esistono doveri, ordine, Patria e sacrificio. Insomma, è l'aspetto morale che preoccupava e tuttora preoccupa». Lo scenario delle forze armate è però radicalmente cambiato negli ultimi anni.«Verissimo. Oggi occorrono certamente militari professionisti che sappiano dare corso a quanto appreso nell'uso di tecnologie avanzate. Però crediamo che un ruolo anche per dei ragazzi di leva lo si possa trovare. Tanto per fare un esempio, si potrebbe pensare a una brigata alpina prettamente destinata a compiti di Protezione Civile, da utilizzare nelle emergenze ma anche nella prevenzione all'interno di aree idrogeologicamente a rischio».La sezione bergamasca dell'Ana resta comunque la più numerosa d'Italia.«Abbiamo tanti soci giovani e anche quest'anno chiudiamo senza diminuzioni nel numero totale di iscritti. Certo, se non cambia nulla prima o poi la decrescita sarà inevitabile».

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