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Alpini in Afghanistan
Il Battaglione alpini 'Saluzzo', fondato nel 1904, ha accompagnato, insieme ai battaglioni 'Borgo San Dalmazzo' e 'Dronero', la vita di almeno cinque generazioni di alpini della provincia Granda. Da sempre componente operativa del 2° Reggimento Alpini, con sede a Cuneo, il 'Saluzzo' mantiene da più di cento anni fede al suo motto 'Droit quoi qu'il soit' (Vai dritto a qualunque costo!). Impegnato in Libia, Africa Orientale e nelle due guerre mondiali, il battaglione ha dato prova di epico impegno in tutti i duri cimenti a cui gli alpini della provincia sono stati chiamati a partecipare. Piegato dalla campagna di Russia, il battaglione viene ricostituito nel dopoguerra e dagli anni novanta inizia a partecipare al ciclo di missioni di pace che hanno preso il via con il termine della guerra fredda. Prima in Mozambico, poi in Bosnia e Kosovo, il Saluzzo è alla sua seconda esperienza in terra afghana. Da alcuni mesi, infatti, gli Alpini dello storico battaglione sono impegnati attivamente nella missione umanitaria iniziata a fine 2001 con il compito di dare supporto alle autorità locali nel controllo del territorio, nella riorganizzazione delle forze di polizia e dell’esercito, nella ricostruzione del paese, dilaniato da un ciclo trentennale di guerre I militari, poco più di quattrocento, per lo più residenti nella provincia 'Granda', sono comandati da ottobre dal Tenente Colonnello Giovanni Pezzo . Pezzo, originario di Verona, bovesano d’adozione, è entrato quindicenne alla Scuola Navale Militare Morosini di Venezia. Terminati gli studi superiori, è entrato all’Accademia Militare di Modena e dopo cinque anni è stato assegnato al Corpo degli Alpini. Sempre in prima linea sul fronte della solidarietà, l’Ufficiale ha partecipato a diverse missioni all’estero Comandante, com’è composta l’unità alle sue dipendenze in Afghanistan? Il battaglione di manovra, alle dirette dipendenze del comandante di Italfor, colonnello Michele Risi, è un’unità composta principalmente dagli alpini del battaglione di Cuneo. Due sono infatti le compagnie fucilieri del 'Saluzzo' (la 22^ e la 23^) attualmente dispiegate a Kabul e nella zona a sud della capitale. Qui, a circa 40 km dal centro della città, nella valle di Mushai, è stata costituita una base avanzata, per portare autorità e sicurezza in una regione che, se pur vicina al principale centro afghano, è isolata dalle vie di comunicazione. Alle due compagnie italiane, si deve poi aggiungere la presenza di una compagnia dell’esercito bulgaro che contribuisce attivamente al controllo del territorio nei distretti ad ovest di Kabul. Alle tre compagnie fucilieri vanno quindi aggiunti alcuni assetti dedicati quali il plotone NBC, che analizza quotidianamente i campioni di sostanze (quali terra acqua e polvere) per verificarne l’eventuale contaminazione biologica o chimica, e il plotone UAV dotato di aerei senza pilota 'RAVEN' che permettono la ricognizione del territorio fino a una distanza di dieci km dal punto in cui l’aereoplano viene lanciato dagli operatori. Durante le sue attività, il battaglione di manovra può inoltre contare, a seconda della tipologia della missione, sul contributo dei Ranger di Bolzano, degli acquisitori obbiettivi di Livorno, delle unità cinofile, del plotone alpieri (unità esplorante del secondo reggimento di Cuneo) e su una compagnia genio ed una trasmissioni. A questo proposito, come sono impegnate le forze sotto il suo comando? Il battaglione di manovra, ha il mandato di coadiuvare le forze di polizia e dell'esercito afghano nel mantenere la sicurezza in una parte della capitale e in alcuni distretti a sud e a ovest di questa. La 23^ Compagnia, comandata dal Capitano Simone Cappelletti, comasco ma residente a Pianfei da alcuni anni, è attualmente impegnata nella ricostruzione delle forze di sicurezza afghane: dopo aver terminato un ciclo di addestramento di quasi un mese in favore di circa trecento militari del 201° Corpo dell’esercito nazionale afghano adesso è attivamente impegnata nell’istruzione di un team di ufficiali / sottufficiali della Kabul City Police al fine di insegnar loro le procedure da utilizzare nelle numerose attività di controllo del territorio che italiani e afghani svolgono insieme. La 22^ Compagnia, comandata dal Capitano Davide Marini, di Ascoli Piceno, è invece principalmente impiegata nel controllo dei distretti di Char Asyab e Mushai, ove è presente la nostra base avanzata. Sentite le autorità istituzionali, i malek, i capi villaggio e le locali shure, infatti, i comandanti delle compagnie, predispongono, grazie all’intervento del personale addetto alla cooperazione civile e militare, distribuzioni di aiuti di prima necessità, interventi sanitari verso la popolazione o veterinari verso il bestiame. Tutto ciò per favorire il distacco dalla popolazione degli elementi ostili. Quello passato poi è stato un’inverno particolarmente rigido qui in Afghanistan. Di sera la temperatura scendeva facilmente sotto i meno venticinque gradi e la maggior parte delle strade secondarie erano bloccate dalla neve. Colonnello Pezzo, lei è alla sua seconda esperienza in Afghanistan. Dopo quasi tre mesi di permanenza può fare un bilancio della situazione? Rispetto alla prima volta, quando sono stato in Afghanistan nel 2005, ho trovato la capitale afghana in una situazione sicuramente migliore. I progressi fatti grazie alla presenza della forza multinazionale sono evidenti, specialmente se teniamo conto che l'Afghanistan dal 1973 al 2001 ha vissuto in un contesto di caos in cui guerre civili, lotte di liberazione e fratricide hanno fatto da padrone. Come dicevo, quindi, i miglioramenti sono evidenti, sia nella capitale che nelle zone dove i nostri militari operano. Lei pensi solo che i bambini che frequentavano la scuola nel 2001 erano poco più di un milione. Oggi superano i sette milioni. Nel sostenere l’istruzione il contingente italiano ha svolto sicuramente una parte importante visto che nel corso degli anni sono stati aperte scuole ed asili. Tra alcuni giorni inoltre apriremo una nuova ala in una scuola già esistente che ci aveva mostrato come gli alunni dovessero studiare sotto tenda perché non c’erano abbastanza posti. E a breve inizieranno anche i lavori, finanziati con i soldi raccolti dalla 'Granda-Kabul' per la costruzione di una nuova scuola nella valle di Mushai. Riguardo alla situazione sanitaria? --Rispetto al 2001 l’assistenza sanitaria alla popolazione è decuplicata. Pensi solo che negli ultimi tre mesi nella nostra area di responsabilità sono stati inaugurate una clinica con ha un bacino di utenza di 60.000 persone e un ambulatorio specializzato nella cura della le smaniosi cutanea. Entrambe le strutture a breve verranno integrate nella rete di assistenza nazionale prevista dal Ministero della Salute Afghano visto che il nostro compito qui non è sostituirci agli afghani ma supportarli fino ad una completa autonomia in ogni campo Rispetto agli anni passati quali sono gli elementi di novità di quella che il 'Corriere della Sera' ha definito come nuova strategia per l’Afghanistan? Comandando il battaglione di manovra io sono legato più agli aspetti tattici che strategici, che non sono di mia competenza. Per quello che concerne la mia esperienza posso dirle che, al mio livello, la carta vincente per assicurare un futuro prospero a questo popolo è stata la costituzione di basi avanzate e la forte presenza fra la gente. L’anno scorso, non avendo la base avanzata in Mushai, ad esempio, i soldati dovevano quotidianamente fare 40 km di strada per raggiungere la loro area di responsabilità. Adesso vivono lì e possono quindi utilizzare meglio il tempo in continue attività di presenza e controllo del territorio. Nel 2006 la popolazione nelle regioni a sud di Kabul era ancora diffidente. Adesso ha confidenza con noi a tal punto da fornirci preziose informazioni, come quelle di questi giorni, che ci hanno permesso di trovare quattro arsenali di munizioni nelle zone dove i nostri militari conducono abitualmente le loro attività. Questo atteggiamento è frutto del clima di fiducia che si è venuto a creare. Ed era impensabile due anni fa. Adesso i nostri plotoni vanno nei villaggi, capiscono le esigenze della popolazione e tornano con quanto serve loro per superare le difficoltà. Ma l’impegno non si basa solo su distribuzioni mirate. Si pensa anche, come abbiamo già avuto modo di vedere, alla realizzazioni di infrastrutture che possano dare un contributo duraturo allo sviluppo culturale e sociale della zona Quindi più presenza sul terreno… Non solo. Fare tanta presenza sul terreno fine a se stessa non è una cosa che ritengo utile. Io parlo invece di maggiore qualità del nostro impiego sul terreno. Con questo voglio dire che ogni attività di pattuglia viene legata ad un effetto da conseguire che non sia solo quello del controllo del terreno. La pattuglia deve riportare al comando anche informazioni sulla situazione della popolazione, incontrare le autorità locali e capire i problemi della zona, effettuare delle distribuzioni mirate di aiuti. La figura che qualcuno ha citato del “Carabiniere di quartiere”, riferendosi alla nostra presenza utile ma discreta sul territorio è sicuramente corretta. Il ministro degli Esteri alcuni mesi or sono ha detto “In Afghanistan la vera battaglia da vincere per la comunità internazionale è la battaglia della conquista del consenso e della fiducia”. Stiamo lavorando in questo senso? Certo. Se vogliamo vincere 'la guerra' del consenso è determinante sviluppare sempre di più, in stretta collaborazione con le autorità afghane, il processo di ricostruzione. Quello che noi stiamo facendo per la ricostruzione del paese è un’impegno molto articolato. Come le dicevo siamo infatti attivi nella ricostruzione dell’esercito e delle forze di polizia senza dimenticare il continuo supporto dato ai progetti di assistenza. Posso dirle che stiamo realizzando la massima 'Guadagnare a tutti i costi il consenso della popolazione'. E in che modo coinvolgete le istituzioni nel processo di ricostruzione? --Se la nostra assistenza fosse totale, senza nessun coinvolgimento del governo, un giorno lasceremmo il paese come lo abbiamo trovato. E non è assolutamente quello che intendiamo fare. Noi in tutte le attività che svolgiamo cerchiamo sempre di coinvolgere il governo locale. Le faccio un esempio pratico. Sarebbe molto facile per noi inaugurare una clinica e fornire sempre personale medico militare. Ma a cosa servirebbe il giorno che noi lasceremo il paese? La clinica sarebbe abbandonata e l’assistenza cesserebbe. Invece, la nostra politica, ogni volta che costruiamo qualcosa, è quella di interessare il governo affinchè tutto quello che viene costruito venga da subito integrato nel sistema locale così da fornire anche il personale necessario per mandare avanti l’infrastruttura. Tra i nostri compiti qui c’è anche quello di creare nuovi posti di lavoro e far funzionare il sistema paese che, proprio in questi anni, sta iniziando a mettersi in moto
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