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(To) 14 nov - Alpini per insegnare sicurezza ai funzionari NU
Ieri a Moncalieri, a due passi dal Po. Soldati in mimetica, fucili, bombe, imboscate, feriti. Trenta alpini della Brigata Taurinense, nei panni di terroristi e guerriglieri, hanno simulato per tutta la giornata scenari di guerra per insegnare ai funzionari delle Nazioni Unite come diventare «professionisti della sicurezza». Esercitazioni realistiche, per addestrare a controllare le proprie paure, a non sprofondare nel panico durante un rapimento, a negoziare la vita di un ostaggio. Prove pratiche sul campo, tra esplosioni e assalti, per imparare le procedure radio, il primo soccorso, le tecniche negoziali, il riconoscimento delle mine. La lezione, organizzata nella base addestrativa di Moncalieri della Brigata Taurinense, alle spalle del Centro Contabile Sanpaolo, in collaborazione con i piloti dell'Esercito della base elicotteri di Venaria, fa parte del corso di «Safety and Security» organizzato dalla Staff College delle Nazioni Unite di Torino. Una «scuola» per professionisti delle missioni di pace, impegnati nelle «zone calde» del mondo. Alle esercitazioni ha assistito la responsabile del progetto, Diana Russler, ai vertici dello Undss, (United Nation Department for Safety and Security), venuta direttamente da New York. «I partecipanti a questo corso dello Staff College di Torino - spiega l'alto funzionario Onu - sono ufficiali di sicurezza, di elevata esperienza, ai quali insegniamo come diventare a loro volta insegnanti. Per fare questo ci appoggiamo ai militari della Taurinense, che ci forniscono il supporto logistico e organizzano le esercitazioni». Al corso, che si concluderà nei prossimi giorni, partecipano 22 funzionari. I militari hanno preparato agli aspiranti professionisti della sicurezza alcuni «scenari di crisi»: un «checkpoint» illegale di guerriglieri, un assalto al convoglio, l'evacuazione di un ferito con l'impiego di un elicottero, il rapimento di un membro della missione. I funzionari sono stati suddivisi in tre gruppi e sottoposti a turno alle esercitazioni. Al termine di ogni prova i partecipanti si sono confrontati con gli osservatori, per giudicare l'esito delle simulazioni. Hanno scoperto che basta poco per «morire». Un momento di esitazione, uno sguardo troppo intenso, una parola sbagliata. Negoziare la vita in una zona di guerra può diventare una roulette, se non si è preparati ad affrontare le emergenze. «I paesi cambiano ma le condizioni di pericolo sono sempre le stesse. Abbiamo bisogno di questi corsi per insegnare ai 50 mila funzionari dell'Onu ad affrontare le situazioni di crisi» aggiunge Diana Russler. Le zone calde del mondo si rinnovano: Kosovo, Iraq, Afghanistan, Africa. Ma nella realtà la gente muore davvero, le pallottole non sibilano per finta e le bombe a mano non sono fumogeni colorati. E, soprattutto, rapiti e rapitori non pranzano assieme uno accanto all'altro, sorridenti.
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